Vivere una vita felice, appagante, circondati solo dalle persone che ci piacciono e vissuta nel posto che più ci rispecchia, sembra quasi una chimera. Almeno lo è per chi non sa come fare.
In realtà seguire alcuni semplici accorgimenti ripetuti nel tempo, ci possono donare questa condizione al pari di quando, con i tanti piccoli compromessi che accettiamo nella quotidianità, ci troviamo invece a condurre una vita che non vogliamo.
Questo è un tema centrale per un Coach, e più volte in vari modi ho trattato questi argomento in questo blog.
Di certo il prerequisito fondamentale è quello di indirizzare sempre, e dico sempre, le proprie scelte in direzione del proprio stile di vita ambito. Che significa? Che anziché porsi obiettivi a breve raggio, utili solo a risolvere problemi imminenti, dovremmo capire chi e cosa vogliamo “fare da grandi”, ed indirizzare ogni scelta che facciamo nella nostra vita verso l’ottenimento di quel risultato.
Qualche piccolo esempio può aiutare a capire. Se ho una passione per l’elettronica, mi piace la tecnologia e magari sogno di lavorare nello sviluppo dei software, non mi sarà utile essere iscritto al Liceo Classico perché i miei genitori mi vedono avvocato oppure medico. Se amo la natura e l’aria aperta, scegliere di acquistare un attico in centro città, solo perché è un’occasione da non perdere, mi allontana dal mio stile di vita ideale. Queste ed altre scelte apparentemente piccole, innocue, anche se all’apparenza convenienti, non fanno altro che edificare una vita infelice. Chiaro?
Detta così sembra facile, ma in realtà non lo è proprio.
La maggior parte delle persone non ci riesce perché come dicevo, accetta continui compromessi nella propria vita che destabilizzano a tal punto che alla lunga perdono la propria centralità, arrivando a non riconoscersi più.
Questa propensione umana che per comodità ci fa scegliere quello che apparentemente è più conveniente (conveniente nell’immediato, ma non alla lunga), è una forma di autosabotaggio cosciente perché è frutto di un ragionamento.
Ma c’è un altro autosabotaggio che possiamo considerare più pericoloso del primo ed è quello inconscio, quello che perpetriamo senza renderci conto, quello per cui paghiamo le conseguenze, “senza” conoscerne le cause.
Quelli che se accorgono, di essere vittime dei propri autosabotaggi si rivolgono ad un professionista che li può aiutare a far luce sul presente e studiare una strategia di cambiamento.
Lo so che non ti piace sentirlo, ma quasi sempre la colpa è tua se stai in una determinata condizione, ed anche se dici che vuoi risolverla, alla fine trovi sempre le strade per autosabotarti. Non lo fai apposta, il mio non è un giudizio, però capita a tutti.
Ad esempio ci riesci con le piccole indecisioni, la procrastinazione, la conduzione di una vita poco sana, cadendo sempre in relazioni sbagliate o creandoti una dipendenza. Tutte cose che ti “rallentano” da quello che vuoi essere. Ovvio che dietro c’è una paura non risolta che si ripresenta ogni volta minando le nostre effettive capacità.
Perché ci autosabotiamo?
Normalmente l’origine è da ricercare nell’infanzia, in un qualcosa di irrisolto, ma essendo un meccanismo inconsapevole risulta anche difficile riconoscerlo. Da soli è quasi impossibile. L’origine e i perché sono un argomento che come Coach non mi riguardano e non ho le competenze per parlarne ne per cercarne le cause. Il Coach è orientato alle soluzioni efficaci utili a spazzare via il problema e non alle cause che lo hanno generato.
Cosa posso fare per non cadere nell’autosabotaggio inconscio?
Riuscire a riconoscerlo è già un grosso passo perché è come ammettere un proprio limite che invalida i nostri comportamenti. La consapevolezza acquisita ci da la possibilità di poter intervenire. Se invece non ce ne rendiamo conto, un campanello d’allarme potrebbe essere rappresentato da tutte quelle cose che vorremmo risolvere, ma non riusciamo mai a fare anche se ci proviamo. Potremmo essere di fronte a degli autosabotaggi.
Chiedere ad un Coach è sicuramente una mossa saggia, ma anche il Coach, se non ha una adeguata preparazione, potrebbe incontrare difficoltà ad intervenire su un cliente che si autosabota.
Anche io all’inizio della mia carriera non riuscivo a sbloccare le persone più coriacee. Le competenze per riuscirci le ho acquisite quando ho studiato col professor Giorgio Nardone, imparando la metodologia del Coaching Strategico.
Il Coaching Umanistico che è quello che ho studiato per primo ed è quello che viene insegnato dalle tante scuole o presunte tali, è carente di fronte a questo tema. Una volta capito cosa non va ed aver scelto cosa si vuole, se non si tiene conto degli auto sabotaggi, a nulla servono le buone intenzioni e la nuova lucida visione della propria vita.
Il Coaching Strategico invece, lavora proprio sulle tentate soluzioni che inconsciamente ci bloccano all’interno di un’omeostasi conservatrice per definizione, e disfunzionale all’ottenimento dei risultati ambiti.
Nell’approccio Strategico si segue uno schema preciso:
- Si parla del problema che vogliamo risolvere o dell’obiettivo che vogliamo raggiungere.
- Si cercano le tentate soluzioni che abbiamo adottato sinora e che risultano essere disfunzionali al raggiungimento dei traguardi.
- Si cercano le eccezioni, ovvero la verifica se qualche volta alcune delle soluzioni adottate in passato possa aver funzionato per risolvere quel determinato problema.
- Se ci sono si verifica se possono essere ancora valide oggi trovandoci in un altro contesto temporale.
- Se non ci sono si definisce l’obiettivo utile ad aggirare il disagio e si crea un piano d’azione specifico che tenga presente lo schema sabotativo bloccandone la sua ridondanza.
- Si fanno verifiche costanti dell’andamento della strategia scelta ed eventualmente si corregge il tiro.
Questo approccio strategico, insieme a quello umanistico, costituiscono una metodologia efficace ed efficiente per la soluzione di problemi personali, lavorativi o anche di difficoltà che ha l’azienda.
Ti sono grato se lasci un tuo commento.
M.C.